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Contraffazione? Il reato non sussiste senza la previa registrazione del marchio o del segno distintivo.

Contraffazione? Il reato non sussiste senza la previa registrazione del marchio o del segno distintivo.
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Contraffazione? Il reato non sussiste senza la previa registrazione del marchio o del segno distintivo.

Con la sentenza n. 46882 del 3 dicembre 2021, la II sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ribadisce il principio secondo il quale non può parlarsi di contraffazione rilevante ai sensi dell´art. 474 c.p. senza la previa avvenuta registrazione del marchio o del segno distintivo. 

1. IL CASO.

La vicenda in esame origina da un ricorso per Cassazione contro il provvedimento del Tribunale del Riesame attraverso cui si confermava il sequestro di un certo quantitativo di merce con presunto marchio contraffatto, ex art. 474 c.p.

La questione dibattuta verte, in particolare, intorno alla corretta delimitazione dell’ambito di applicazione del reato in questioneche, a parere del Riesame, si realizza in presenza di un marchio o segno distintivo registrato, a prescindere dal luogo (Italia, Paese Europeo od extra-UE) in cui detta registrazione sia stata effettuata.

Inoltre, trattandosi nel caso di specie di marchio di larghissimo uso ed incontestata utilizzazione, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 474 c.p. non sarebbe necessario – sempre secondo il Tribunale – acquisire la prova dell’avvenuta relativa registrazione. 

Nel proprio gravame il ricorrente, invece, lamenta la circostanza che i marchi oggetto di contestazione risultino registrati esclusivamente presso Paesi esteri (Francia e Gran Bretagna), e che – pertanto – in base al principio di territorialità la validità e la tutela del marchio sono necessariamente limitate allo Stato di registrazione.

Inoltre, nessuno di tali marchi è registrato né presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, né all’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (ovvero presso altri organismi internazionali), quale requisito per la protezione del marchio nell’intero territorio dell’Unione.

2. LE ARGOMENTAZIONI DELLA CASSAZIONE.

Secondo la Corte il ricorso è fondato.

A base delle ragioni che hanno condotto all’accoglimento delle doglianze mosse dal ricorrente vi è il principio, ribadito dalla pronuncia in commento, secondo cui la tutela penale dei marchi o dei segni distintivi delle opere dell’ingegno o di prodotti industriali è finalizzata alla garanzia dell’interesse pubblico preminente della fede pubblica, più che a quello privato del soggetto inventore.

Ciò posto, e tenendo conto che l’art. 473, co. 3 c.p. precisa che le fattispecie in tema di contraffazione si applichino a condizione che siano state osservate le disposizioni (interne od internazionali) sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale, è necessario per la configurabilità di tali tipologie di reati che il marchio o il segno distintivo, di cui si assume la falsità, sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge all’esito della prevista procedura.

Ne deriva quindi che la falsificazione dell’opera dell’ingegno può aversi soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale (cfr. Cass. Pen. Sez. II, n. 6418 del 26/03/1998, Rv. 211176). 

Partendo da tale presupposto, accolto ormai da un orientamento consolidato in giurisprudenza, la Corte prosegue focalizzando l’attenzione sul principio di territorialità e di registrazione dei marchi e segni distintivi.

In particolare, viene evidenziato come, in tema di protezione del marchio viga il principio di territorialità e che l’accertamento giudiziale della titolarità di quest’ultimo sia, di regola, limitato al paese di registrazione, senza possibilità di estenderne l’efficacia ad uno Stato diverso da quello in cui lo stesso sia avvenuto, salvo che si tratti di marchio comunitario o internazionale (Cass. Civ. Sez. U, n. 13570 del 04/07/2016, Rv. 640219). 

Il ragionamento dei Giudici, poi, si conclude sottolineando che i limiti alla tutela del marchio discendono dal formale riconoscimento a livello nazionale, comunitario o internazionale del logo, del segno distintivo, della rappresentazione grafica o di altri dati caratterizzanti uno specifico prodotto quale marchio.

3. CONCLUSIONI

Da quanto fin qui esposto, assume carattere dirimente la questione della registrazione del marchio, quale elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 474 c.p.

Né, secondo la Cassazione può essere invocato nel caso di specie l’orientamento costante della giurisprudenza secondo cui, “allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce” (cfr. Cass. Pen. Sez. 2, n. 36139 del 19/07/2017 Rv. 271140; Sez. 5, n. 5215 del 24/10/2013 ,dep. 2014, Rv. 258673; Sez. 2, n. 22693 del 13/05/2008, Rv. 240414).

In tale circostanza, invero, occorre comunque la “previa acquisizione di elementi che attestino una rinomanza tale del marchioe una notoria riferibilità alla casa produttrice e alla tipologia di prodotti che contraddistingue da renderne giuridicamente attendibile la tutelabilità in sede giudiziaria, con conseguente onere a carico dell’incolpato di fornire la prova contraria”.

Tali presupposti non ricorrono nel caso esaminato, dove addirittura, da un lato, è discutibile l’ascrivibilità dell’elemento imitato al concetto di marchio e, dall’altro, i loghi di cui si discute non risultano registrati presso il Registro Nazionale dei Marchi.

Leggi qui la sentenza

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