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La Direttiva UE 2019/1937 sul Whistleblowing, i ritardi del legislatore italiano ed il position paper di Confindustria

Whistleblowing i ritardi del legislatore italiano e il position paper Confindustria
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La Direttiva UE 2019/1937 sul Whistleblowing, i ritardi del legislatore italiano ed il position paper di Confindustria

Come noto, la Direttiva UE 2019/1937, relativa alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, si propone di garantire una disciplina omogena a livello europeo volta a tutelare coloro i quali intendono denunciare fatti illeciti, attraverso la creazione di canali di comunicazione sicuri che permettano ai whistleblower di inoltrare segnalazioni sia all’interno di un’organizzazione che all’esterno.

Per esaminare gli aspetti principali di tale Direttiva, anche in ottica comparativa con l’attuale normativa italiana in materia di whistleblowing, si rinvia al nostro White Paper “Whistleblowing in Italia. Linee guida e spunti pratici su una normativa in (continua) evoluzione”.

Nel frattempo, qui mi soffermerò sul percorso intrapreso dal nostro Legislatore per recepire la Direttiva Whistleblowing e sulle impressioni suscitate dalle prime indiscrezioni sulla bozza di Decreto Legislativo circolata qualche mese fa

Primo passo del lungo e travagliato iter per rendere l’atto europeo operativo in Italia è stata la Legge 22 aprile 2021, n. 53 recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020” (c.d. Legge Europea 2020) mediante cui il Parlamento ha conferito al Governo la delega, che sarebbe dovuta essere attuata entro il successivo mese di agosto 2021, per adottare i decreti legislativi finalizzati al recepimento di una serie di direttive europee.

Fra queste, anche la Direttiva UE 2019/1937.

Il termine per il recepimento da parte dei paesi dell’Unione dell’atto normativo europeo era fissato al 17 dicembre 2021.

Purtroppo, però, detta scadenza non è stata ad oggi rispettata dall’Italia e l’inadempimento del nostro legislatore ha sollevato non poche critiche, prima fra tutte quella del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia, il quale ad inizio anno, nel rimarcare “l’auspicio che l’Italia possa in tempi rapidi mettersi in regola con la direttiva Ue”, ha affermato che al momento “è tutto fermo. Non mi risulta che si sia avviato alcun iter per il recepimento”. Anche Transparency International è intervenuta nel coro di polemiche che stanno accompagnando l’inerzia legislativa italiana, lamentando, tra gli altri aspetti, anche quello del mancato coinvolgimento degli stakeholder nel processo elaborazione della normativa di attuazione.

Nei mesi scorsi, in ogni caso, il Governo ha approvato lo schema di decreto legislativo, sottoponendolo al parere delle Camere.

Rispetto a tale bozza, nello scorso ottobre 2021 Confindustria ha pubblicato un Position Paper che si propone di esaminare la normativa di attuazione della Direttiva UE sul whistleblowing evidenziandone le criticità e formulando alcune proposte migliorative. 

Nel seguito, dunque, verranno ripercorse le osservazioni dell’Associazione degli Industriali italiani rispetto ad alcuni, i più significativi, articoli dello schema di Decreto.

A) Partendo dall’articolo 1, “Oggetto e definizioni”, il Position Paper, tra gli altri, suggerisce di:

  1. Precisare che l’oggetto della segnalazione (co. 2, lett. a), n. 1), indicato come qualsiasi illecito civile, penale e amministrativo, debba essere tale da ledere l’interesse pubblico, in modo da garantire, intanto, un maggiore coordinamento della normativa interna con quella comunitaria e poi l’indicazione di un criterio selettivo sul piano della gravità degli eventi segnalati in modo da assicurare “una più chiara delimitazione delle fattispecie interessate, per esigenze di certezza e determinatezza della stessa” disciplina sul whistleblowing;
  2. Prevedere che le segnalazioni relative alle violazioni al Modello 231 siano effettuabili soltanto mediante canali interni, escludendo divulgazioni pubbliche o segnalazioni esterne, dal momento che in tali ipotesi non sussisterebbe un interesse pubblico da tutelare, trattandosi di fatti e situazioni interni alla singola organizzazione;
  3. Rivedere la definizione di cui all’art. co. 2 lett. b), relativa ai “ragionevoli” sospetti, sostituendola con il concetto di “fondati” sospetti

A parere di Confindustria, infatti, il concetto di sospetto “ragionevole” è meno selettivo di quello di “fondato” sospetto; anche qui, come sopra, il rischio sarebbe quello di estendere notevolmente lo spettro applicativo della nuova disciplina sul“introducendo un profilo di valutazione che si connota per un’ampia discrezionalità soggettiva e che appare eccessivo e non proporzionato”. 

  1. Eliminare al co. 3, lett. r), il punto 3) il riferimento agli enti di cui al D.Lgs. 231/01 anche qualora impieghino meno di 50 dipendenti, dal momento che tale precisazione estenderebbe in modo non giustificato l’ambito di applicazione soggettivo del whistleblowing anche alle piccole e microimprese senza che vi sia stata da parte del legislatore una preventiva valutazione dei rischi, così come invece richiesto dalla Direttiva.

B) Proseguendo, per quanto riguarda l’articolo 5Segnalazioni interne”, il Documento propone di:

  1. Evitare di imporre che per gli enti di cui al D.Lgs. 231/01 i quali abbiano adottato un Modello 231 l’Organismo di Vigilanza assuma la veste di unico destinatario delle segnalazioni (co. 4). 

Sarebbe opportuno, infatti, secondo Confindustria che le imprese possano decidere discrezionalmente, in base al proprio assetto organizzativo e di governance, a quale soggetto affidare il ruolo di ricevente le segnalazioni, fermo restando, nei casi in cui l’OdV non sia il destinatario esclusivo delle segnalazioni, il suo coinvolgimento – anche solo in via concorrente o successiva – rispetto alle segnalazioni che verranno inoltrate mediante i canali interni; 

  1. Integrare la disposizione del comma 2 che prevede da parte delle imprese fino a 249 dipendenti di condividere tra loro le piattaforme tecniche di segnalazione, fermi gli obblighi di riservatezza,anche ai gruppi di impreseche nell’attuale versione della disposizione rimarrebbero – a prima vista – esclusi da tale possibilità. 

Come, infatti, sottolinea Confindustria al riguardo “nelle realtà di gruppo la condivisione delle piattaforme per il ricevimento delle segnalazioni è una derivata naturale dell’organizzazione stessa, che facilita ed efficienta le procedure”. Una soluzione escludente tale opzione esporrebbe “gli operatori a possibili interpretazioni restrittive, con conseguente moltiplicazione di procedure e strumenti, in contrasto con i criteri di razionalizzazione che governano queste realtà societarie”.

C) In merito, invece, agli artt. 10Divulgazioni pubbliche”, 11 Condizioni per la protezione del segnalantee 18Divieto di rinuncia ai diritti e ai mezzi di ricorso” il Position Paper raccomanda di:

  1. Riprendere integralmente la disposizione della Direttiva, che definisce le circostanze che legittimano in concreto il ricorso ad una divulgazione pubblica, come “quelle in cui possano essere occultate o distrutte prove oppure in cui un’autorità possa essere collusa con l’autore della violazione o coinvolta nella violazione stessa(art. 10);
  2. Introdurre specifiche sanzioni al fine di dissuadere il segnalante dall’eseguire segnalazioni e/o divulgazioni pubbliche false. Sul punto si suggerisce, in particolare, di prevedere la competenza dell’ANAC per irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti di coloro che effettuano segnalazioni false (art. 11);
  3. Prevedere la facoltà che rinunce o transazionipossano essere raggiunte con l’assistenza alternativa degli organi di mediazione e conciliazione predisposti dalle organizzazioni sindacali o di quelli delle associazioni che perseguano la promozione della trasparenza e della legalità”.

Il Position Paper, da ultimo, si sofferma su alcune considerazioni finali in merito alla tutela del soggetto segnalato.

Sul punto Confindustria evidenzia che lo schema di decreto non considera la necessità, prevista dalla Direttiva, di predisporre un’adeguata tutela anche per il segnalato.

Il documento, quindi, chiede espressamente al legislatore di intervenire in merito contemplando modalità idonee a consentire che il segnalato possa esercitare il diritto di essere sentito dinanzi all’Autorità competente a ricevere la segnalazione, di difendersi e di accedere agli atti inerenti alla segnalazione, in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria.

Non da ultimo “andrebbe anche disciplinato o quantomeno richiamato espressamente il diritto della persona coinvolta dalla segnalazione falsa di agire per la tutela dei propri diritti lesi e per ottenere un adeguato risarcimento, come peraltro previsto dalla Direttiva”.

L’augurio è che davvero il Governo possa al più presto intervenire nell’attuazione della delega conferitagli dal Parlamento colmando il gap tra la normativa attuale sul whistleblowing, “sospesa” nell’attesa del recepimento della Direttiva 2019/1937, e la normativa che sarà quando quest’ultima riceverà finalmente attuazione in Italia.  

Scarica qui il Position Paper di Confindustria

Avv. Adamo Brunetti

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