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Sequestro preventivo e reati tributari nell’ambito della responsabilità 231

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231 / Aziende / fisco / Giustizia / reati

Sequestro preventivo e reati tributari nell’ambito della responsabilità 231

Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 11/04/2024) 08/08/2024, n. 32272

La Suprema Corte si è recentemente pronunciata in merito al riesame di un provvedimento di sequestro preventivo a carico di una società ai sensi del d.lgs. 231/2001, coinvolta in una vicenda di dichiarazioni fiscali presumibilmente false per gli anni 2017, 2018 e 2019. Il Tribunale di Roma ha confermato il sequestro preventivo di una somma significativa, pari a 114.304,86 euro, ritenuta il profitto complessivo dei reati contestati. Da notare che la responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001, che estende la responsabilità penale anche ai reati tributari.
Di seguito un’analisi della pronuncia.

1. Il caso

Con ordinanza pronunziata in data 17 ottobre 2023 il Tribunale di Roma, operando quale giudice del riesame cautelare proposto avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso in data 6 settembre 2023 dal Gip del Tribunale di Civitavecchia, ha rigettato il ricorso proposto dal legale rappresentante della società, avverso il detto provvedimento emesso nei confronti della predetta società, oggetto di indagine in relazione alla sua responsabilità ex art. 25-quinquiesdecies D.lgs. 231/2001, con riferimento alla presentazione, quanto agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, di dichiarazioni Iva recanti un contenuto falso. In particolare, la sentenza si è concentrata sull’obbligo del giudice di motivare adeguatamente il sequestro preventivo, in particolare dimostrando la presenza del periculum in mora, ovvero il pericolo che il ritardo nell’adozione della misura possa compromettere l’efficacia della giustizia.

2. Una breve disamina degli istituti

Preliminarmente, è opportuno illustrare l’introduzione normativa dei reati tributari nell’alveo dei reati-presupposto del D.lgs. 231/2001.

La loro esclusione dal novero 231 aveva da sempre sollevato perplessità, soprattutto in relazione alla loro natura ontologica, trattandosi di reati strettamente correlati alle patologie della vita dell’ente. Si pensi alla natura del contesto societario segnato dalla sostanziale coincidenza tra ente e contribuente, ai fini delle norme tributarie. Quindi, a differenza degli altri reati presupposto – che possono essere compiuti anche a vantaggio del singolo e per i quali deve essere dimostrato l’interesse-vantaggio dell’ente – la commissione dei reati tributari nello specifico contesto societario appare strettamente finalizzata a garantire un beneficio all’ente, nella sua veste di contribuente.

Il primo intervento (Legge n. 157 del 19 dicembre 2019 che ha convertito il D.L. n. 124/2019, c.d. Decreto Fiscale) ha comportato l’introduzione nel decreto 231 del nuovo art. 25-quinquiesdecies che estende la disciplina 231 ai reati di:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti(art. 2, co.1 e co. 2-bis, d.lgs. n. 74/2000);
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici(art. 3, d.lgs. 74/2000);
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti(art. 8, commi 1 e 2-bis, d.lgs. 74/2000);
  • occultamento o distruzione di documenti contabili(art. 10, d.lgs. 74/2000);
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte(art. 11, d.lgs. 74/2000).

Con il secondo intervento, risalente a luglio 2020 e dettato dalla c.d. Direttiva PIF (Direttiva UE 2017/1371), le fattispecie tributarie rilevanti ai fini 231 sono state ulteriormente estese ai reati di:

  • dichiarazione infedele(art. 4, d.lgs. 74/2000);
  • omessa dichiarazione(art. 5, d.lgs. 74/2000);
  • indebita compensazione(art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000).

Nell’ambito, invece, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto per la responsabilità 231, la disposizione di riferimento è l’art. 19 del D.lgs. 231/2001: “1. Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. 2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.”

Dalla lettera della norma emerge la natura obbligatoria della confisca, e che, in tal senso, debba essere sempre disposta dal giudice ogniqualvolta pronunci una sentenza di condanna per responsabilità amministrativa dell’ente. Ciò posto, ne risulta che, con la condanna dell’ente derivante dalla commissione di uno dei reati presupposto, vengano irrogate, congiuntamente, sanzioni pecuniarie (le quali possono giungere fino alla soglia di un milione e mezzo di Euro), sanzioni interdittive (a titolo esemplificativo: il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione o l’interdizione all’esercizio dell’attività imprenditoriale) se ne sussistono i presupposti, eventuali misure cautelari quali il sequestro preventivo e, unitamente, appunto, la confisca del prezzo o del profitto del reato. Ferma l’obbligatorietà di tale misura, le uniche possibili eccezioni all’applicabilità pratica della confisca sono menzionate dall’art. 19 stesso, e sono: la clausola che fa salvi i diritti del danneggiato (in altre parole viene sottratta alla confisca la somma che può essere restituita in favore del danneggiato dal reato presupposto) e la clausola che fa salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. Quanto a quest’ultima clausola, si intende che la confisca non può essere disposta, in tutto o in parte, se ciò porterebbe pregiudizio a terzi titolari di diritti acquisiti in buona fede sui beni oggetto di confisca. Pertanto, il giudice nel disporre la confisca, dovrà valutare anche le suddette eventualità.

3. Il ragionamento del Tribunale

Per quanto riguarda il rapporto tra sequestro preventivo ex art. 19 del D.lgs. 231/2001 ed i reati tributari introdotti nell’alveo del catalogo 231, è di rilievo, innanzitutto, sottolineare come sia rilevante anche nell’ambito della responsabilità 231 il principio di legalità.

Invero, il sequestro disposto dal Gip del Tribunale di Civitavecchia, per espressa indicazione

contenuta nella ordinanza impugnata, è stato disposto, quanto alla somma di Euro 114.304,86, avendo esso quale oggetto il complessivo profitto in ipotesi conseguito attraverso la commissione degli illeciti tributari di cui ai capi A), B) e C) della provvisoria imputazione ed esso ha riguardato, trattandosi di sequestro finalizzato alla confisca diretta, sia la società, quale soggetto che avrebbe materialmente conseguito il profitto derivante dagli stessi, e, in caso di incapienza di quella, il legale rappresentante quale persona indagata per i reati in questione, e, quanto alla somma di Euro 51.157,83, avendo esso ad oggetto il profitto conseguito a seguito della sola violazione tributaria riferita all’anno di imposta 2019, nei confronti della società in quanto responsabile, ex art. 25-quinquiesdecies della legge n. 231 del 2001 – entrato in vigore solamente a seguito della novella apportata al d.lgs. 231/2001 con il decreto legge n. 124 del 2019, convertito con modificazioni con legge n. 157 del 2019 – a seguito della quale è stata estesa anche ai reati tributari, fra i quali quello oggetto della contestazione di cui si parla, la responsabilità penale dell’ente impersonale.

Avallata, in ogni caso, la legittimità della società a ricorrere per il sequestro preventivo, il giudice del riesame ha ricollegato l’esistenza del pericolo ad una obbiettiva situazione di difficoltà imprenditoriale, testimoniata dalla chiusura in perdita del bilancio di esercizio, in cui si è venuta a trovare la ricorrente.

Una tale situazione, osserva la S.C., neppure è suscettibile di essere confutata, come invece pretenderebbe la ricorrente difesa, attraverso la dimostrazione della esistenza di una solida

situazione finanziaria a vantaggio della ricorrente; non può infatti, non rammentarsi che la provvista finanziaria della quale la società vanta la presenza in quanto depositata sul proprio conto corrente bancario è costituita, per una porzione non indifferente, da quello che, in ipotesi, si ritiene essere il profitto dei reati perpetrati nel suo interesse; sulla base di tale rilievo non è ingiustificato ritenere che la natura, secondo la prospettazione accusatoria, illecita della disponibilità di tali somme di danaro non giustifica affatto una prognosi di solvibilità della citata società, tale da fare ritenere insussistente il pericolo che, una volta esauritosi in senso negativo per essa il giudizio di penale, non sia più in alcun modo possibile procedere alla confisca obbligatoria del profitto dei reati che, secondo la provvisoria imputazione, sarebbero stati commessi.

In aggiunta, ha osservato il Collegio, l’ordinanza impugnata, la quale sul punto rimanda al provvedimento cautelare genetico, ha giustificato l’esistenza del pericolo evidenziando che, quanto all’anno commerciale 2021, il bilancio della società presenta una perdita di esercizio pari ad oltre 17.600,00 Euro, fattore questo che è di per sé indicativo di una sensibile difficoltà economica della predetta società. Come, infatti, la giurisprudenza della Corte di legittimità ha chiarito, sebbene l’onere motivazionale in punto di pericolo nel ritardo non possa ritenersi soddisfatto tramite il semplice riferimento, laddove il sequestro abbia ad oggetto somme di danaro, alla naturale volatilità e fungibilità del bene in questione (per tutte, in tale senso, la recentissima: Corte di cassazione, Sezione III penale, 4 marzo 2024, n. 9206, Rv. 286021), tuttavia è sufficiente che, anche con concisa motivazione, il giudicante dia conto delle plausibili ragioni per le quali si rende necessaria la anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio.

4. Conclusioni

Nel caso in esame, pertanto, la S.C. ha confermato il rilievo del Tribunale, il quale ha ritenuto giustificato il sequestro basandosi sulle difficoltà economiche della società, dimostrate da una perdita di esercizio nel bilancio del 2021. Questo fattore è stato considerato indicativo di un rischio concreto che, in caso di mancata applicazione immediata della misura, la confisca futura del profitto dei reati non sarebbe stata garantita.

Avv. Adamo Brunetti

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