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Società unipersonali e responsabilità 231: la Cassazione mette un punto

articolo blog 2024.12.18
231 / Aziende / Giustizia / reati

Società unipersonali e responsabilità 231: la Cassazione mette un punto

Cass. Pen., Sez. III (data ud. 24/20/2024), n. 42611

La Cassazione ha recentemente chiarito che alle società unipersonali a responsabilità limitata si applica la responsabilità da reato ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, (di seguito anche “Decreto 231”), confermando il proprio orientamento interpretativo, specificando che però occorre verificare l’organizzazione, l’attività svolta e le dimensioni dell’impresa, nonché se possa riscontrarsi un interesse sociale distinto da quello della persona fisica.

Di seguito un’analisi della pronuncia.

1. Il caso

Nel caso di specie, una S.r.l. unipersonale ha impugnato la condanna per traffico illecito di rifiuti ex art. 25-undecies D. Lgs. 231/2001 sostenendo fra gli altri motivi, che non fosse sussistente un interesse dell’ente distinto da quello del rappresentato. In particolare, si censura la sentenza per non avere la Corte considerato:

  • la perfetta sovrapponibilità della posizione della persona fisica imputata rispetto a quella della società ricorrente;
  • la mancanza, in quest’ultima, delle necessarie connotazioni di complessità tali da far ipotizzare una difettosa organizzazione dell’ente (trattasi di una società unipersonale dal modesto capitale sociale, con la persona fisica imputata nella posizione di amministratore ed unico socio).

Non può costituire, secondo la difesa, un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici tale da potersi distinguere dagli interessi della persona fisica imputata. Si lamenta, in ogni caso, il difetto di adeguata prova al riguardo.

2. Il nodo interpretativo e gli orientamenti sul tema

Al fine di esaminare l’adesione della Cassazione all’orientamento sopra citato, appare utile illustrare la disciplina sottostante al dibattito interpretativo.

Prima della introduzione del Decreto 231, infatti, la dottrina evidenziava la strutturale inidoneità del diritto penale delle persone fisiche a sanzionare le forme più evolute della criminalità di impresa, in quanto lo schermo protettivo della personalità giuridica si prestava di frequente ad occultare rilevanti profili di responsabilità negli illeciti penali a sfondo societario .
In tale contesto, l’opzione di ricorrere alla sola sanzione penale, quale strumento contro le persone fisiche significava, da un lato, colpire eccessivamente la persona fisica,  alla quale venivano imputati fatti per definizione esorbitanti dalla sua sfera di ideazione e controllo.
inoltre, la punizione individuale risultava, sotto un diverso profilo, insufficiente, poiché essa di per sé sola si rivelava inidonea a soddisfare le reali esigenze preventive e sanzionatorie che si manifestavano ogni qual volta il fatto commesso evidenziasse una connotazione collettiva.
In tale contesto il D.Lgs. 231/01 opera storicamente il superamento del tradizionale dogma societas deliquere non potest, delineando per gli enti una responsabilità da reato autonoma (ex art. 8 Decreto 231). Il caso paradigmatico è quello della società unipersonale, ove lo schermo societario assolve l’essenziale funzione di limitazione della responsabilità, senza però che, almeno di frequente, si ravvisino vere differenze qualitative -almeno rispetto alla sostanza economica del fenomeno- con l’impresa individuale.

3. Il ragionamento della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ritiene del tutto immune da censure il percorso argomentativo tracciato dalla Corte d’Appello in merito alla applicabilità della disciplina di cui al Decreto 231 alle società unipersonali.

Sul punto, si riporta la giurisprudenza consolidata di legittimità, che ha affermato che «in tema di responsabilità da reato degli enti, le società unipersonali a responsabilità limitata rientrano tra gli enti assoggettati alla disciplina dettata dal d.lgs. 9 giugno 2001, n. 231, essendo, a differenza delle imprese individuali, soggetti giuridici autonomi, dotati di un proprio patrimonio e formalmente distinti dalla persona fisica dell’unico socio» (Cass. Sez. VI, n. 45100 del 16/02/2021, New Events s.r.l., Rv. 282291 – 01, la quale ha precisato in motivazione, che nell’accertamento della responsabilità dell’ente occorre verificare se sia individuabile un interesse sociale distinto da quello dell’unico socio, tenendo conto dell’organizzazione della società, dell’attività svolta e delle dimensioni dell’impresa, nonché dei rapporti tra socio unico e società).

La Corte d’Appello, pertanto, avrebbe fatto “buon governo di tali insegnamenti”, posto che è stata valorizzata l’organizzazione societaria, tutt’altro che rudimentale ed evanescente come comprovato dalla presenza di 11 dipendenti e di un altro soggetto, oltre alla persona fisica imputata, investito di funzioni di amministratrice della società.

Invero, riprende la S.C., nella motivazione impugnata è stato correttamente posto in rilievo il fatto che la persona fisica imputata, in posizione apicale, non aveva agito nell’interesse proprio o di terzi, “poiché l’accettazione in impianto di rifiuti che avrebbe dovuto allontanare provocava alla sua società un rilevante guadagno“.

Non deve in ogni caso confondersi il tema della sovrapponibilità dell’interesse nel caso di società a responsabilità limitata con quello analogo per le imprese individuali. Infatti, l’orientamento al quale aderisce la pronuncia in commento, indica proprio come il problema dell’inclusione della società unipersonale nel raggio d’azione del Decreto 231 sia «ben distinto, anche nella considerazione del legislatore, da quello dell’applicazione del decreto all’impresa individuale. Si è consapevoli che la estrema semplificazione della struttural’origine e la consistenza patrimoniale dell’ente, la gestione della società unipersonale inducono a ritenere, sul piano percettivo, inesistenti le differenze con l’impresa individuale ed a considerare di fatto coincidenti i due soggetti: tuttavia, i due istituti restano profondamente diversi» (Cass. Sez. VI, n. 45100, cit.).

La società unipersonale – prosegue la sentenza citata a sostegno – «è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio; un soggetto metaindividuale a cui la legge riconosce, in presenza di determinati presupposti, una personalità diversa rispetto a quella della persona fisica. Si tratta, cioè, di un soggetto che ha un proprio patrimonio autonomo, che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi, che ha una sua soggettività, che la legge fa discendere automaticamente in presenza di determinati presupposti».

Ciò premesso, «si deve evitare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso, eviti l’applicazione del d. lgs. n. 231, sostenendo di essere una impresa individuale. Il fenomeno è quello della creazione di persone giuridiche di ridottissime dimensioni allo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e normativi». Ne consegue la necessità di «accertare in concreto se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare la responsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato a criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo governa, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente- di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio».

Considerazioni conclusive

In definitiva, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in esame, in relazione a tale motivo, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e confermando la sentenza per tale parte.

Avv. Adamo Brunetti

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