Corruzione e appalti pubblici: la Cassazione torna sui confini applicativi delle fattispecie
17/04/2025 2025-04-17 5:59Corruzione e appalti pubblici: la Cassazione torna sui confini applicativi delle fattispecie

Corruzione e appalti pubblici: la Cassazione torna sui confini applicativi delle fattispecie
Corte di Cassazione, VI Sez., ud. 19 dicembre 2024 n. 4535/2025
La sentenza della Corte di Cassazione relativa ad una società ha affrontato questioni fondamentali riguardanti la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001. I temi trattati sono stati:
- l principio di irretroattività delle sanzioni 231, in riferimento ad un reato introdotto nel catalogo 231 dopo la contestata commissione dello stesso;
- prescrizione dell’illecito amministrativo dipendente da reato;
- idoneità del modello 231.
Di seguito un’analisi della pronuncia.
1. Il caso
La pronuncia in esame trae origine dall’ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno del 25 luglio 2024, che ha confermato il divieto per la durata di un anno di contrattare con la Pubblica Amministrazione, applicato dal GIP il 14 maggio 2024. La contestazione principale riguardava la violazione dell’art. 24 del D.Lgs. n. 231/2001, con riferimento al reato presupposto di cui all’art. 356 c.p., in relazione alla presunta frode nella fornitura di ascensori per la cittadella giudiziaria di Salerno.
2. Il ragionamento della Corte di Cassazione
Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la pretesa violazione del principio di irretroattività delle sanzioni amministrative, sancito dall’art. 2 del d.lgs. 231/2001. L’ente ricorrente ha sostenuto che, al momento della presunta condotta illecita (ultimazione dei lavori il 3 agosto 2018), il reato di frode nelle pubbliche forniture non rientrava tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001.
La modifica normativa che ha incluso tale reato tra quelli rilevanti è infatti avvenuta solo con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 75 del 2020, datata 30 luglio 2020.
La Corte ha ritenuto fondato questo motivo di ricorso, sottolineando che l’art. 2 del D.Lgs. n. 231/2001 stabilisce il divieto di applicare sanzioni per fatti che al momento della loro commissione non costituivano illecito amministrativo. La presunta condotta fraudolenta era riconducibile all’installazione e alla consegna degli ascensori nel 2018, ossia prima che il reato di cui all’art. 356 c.p. fosse incluso nel catalogo dei reati presupposto. La Cassazione ha quindi evidenziato come le condotte successive (collegabili a presunti ritardi o irregolarità nei collaudi) non possano di per sé integrare il reato presupposto, a meno che non siano dimostrate come parte di una strategia preordinata sin dall’inizio a nascondere l’inadempimento doloso.
Peraltro, la Cassazione riprende l’orientamento della medesima Sezione secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto, richiedendo la norma incriminatrice una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel porre in essere un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (Sez. 6, n. 25372 del 17/05/2023, Marino, Rv. 284883 – 01; Sez. 6, n. 29374 del 14/09/2020, Sale, Rv. 279679 – 01).
Nella specie, la Cassazione critica la mancata chiarezza, da parte del Tribunale del riesame, sulla condotta decettiva posta in essere.
Un ulteriore argomento sollevato dalla difesa riguardava la prescrizione dell’illecito amministrativo. L’art. 22 del D.Lgs. n. 231/2001 prevede un termine di prescrizione di cinque anni per l’illecito amministrativo derivante da reato. Secondo la ricorrente, il primo atto interruttivo della prescrizione sarebbe intervenuto con la richiesta del PM di applicazione della misura cautelare, quando era già decorso il termine massimo di prescrizione dal 2018. Anche su questo punto la Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso, imponendo un riesame della questione da parte del Tribunale del riesame di Salerno. Di rilievo appare anche l’infondatezza della censura relativa alla mancata nomina delCommissario giudiziario. Il rigetto della relativa richiesta si è fondato sulla mancata dimostrazione dello svolgimento da parte della società di “un pubblico servizio la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività o rilevanti ripercussioni sull’occupazione“. La S.C. ha chiarito che la nomina del commissario rappresenta una misura del tutto diversa da quelle interdittive cautelari, per natura e funzioni, alternativa rispetto ad esse nonché precipuamente volta ad evitarne alcuni “effetti collaterali” poiché essa è «diretta ad evitare che l’accertata responsabilità dell’ente si risolva in un pregiudizio per la collettività ogni qual volta la sanzione inflitta dal giudice incida sul servizio pubblico svolto dall’ente, provocandone l’interruzione, ovvero (…) provochi rilevanti ripercussioni sull’occupazione» (così Sez. 6, n. 40563 del 28/06/2022, Bufo, Rv. 283985 – 02; Sez. 6, n. 43108 del 28/09/2011, Enna Euno s.p.a., P.v. 250846). Pertanto, incombe sull’ente la dimostrazione della sussistenza dei presupposti per tale nomina e sul punto il ricorso risulta del tutto silente.
3. Considerazioni sul Modello adottato dalla società
La Cassazione, infine, tra i motivi ritenuti non fondati, ha precisato che il Modello 231 non risultava idoneo a prevenire la commissione dei reati presupposto in quanto esso non contemplava una mappatura completa del rischio-reato e non risultano documentati controlli da parte dell’OdV. La Società aveva nominato un OdV composto da un solo membro esterno con un budget assai ridotto: 2.500 euro annui (soltanto nel corso delle indagini la Società ha istituito un organismo collegiale composto da due componenti esterni e uno interno).
4. Conclusioni
La decisione della
Cassazione rappresenta un’importante pronuncia in materia di responsabilità
amministrativa degli enti, ribadendo il principio di irretroattività delle
sanzioni e l’importanza di una motivazione adeguata nella valutazione dei
presupposti per l’applicazione delle misure interdittive. Il rinvio al
Tribunale del riesame di Salerno impone una nuova valutazione sulla sussistenza
dell’illecito amministrativo e sulla legittimità della misura cautelare imposta
all’ente.
Avv. Adamo Brunetti