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<strong>Responsabilità amministrativa degli enti ed indagini. </strong>Il protocollo della Procura Generale di Potenza.

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Responsabilità amministrativa degli enti ed indagini. Il protocollo della Procura Generale di Potenza.

Tra le più importanti novità della fine del 2022 in materia di D.Lgs. 231/2001 si segnala il recente Protocollo organizzativo e di coordinamento in tema di indagini ex D.Lgs. n. 231/2001 recentemente stipulato tra la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Potenza e la Guardia di Finanza contenente le linee guida applicative del decreto 231, al fine di meglio coordinare le indagini nel settore della responsabilità da reato degli enti.

Nell’accogliere le principali linee di indirizzo in materia di responsabilità amministrativa degli enti, la Procura Generale ha integrato il Protocollo con una Relazione illustrativa, allo scopo di soddisfare una duplice prospettiva:

  1. Da un lato, quella di approfondire alcune questioni che investono il Decreto 231/2001 rivestenti carattere particolarmente problematico rispetto ad una disciplina estremamente innovativa ma, purtroppo, ancora oggi intrisa di dubbi interpretativi;
  2. In secondo luogo, quella di rispondere adeguatamente all’estensione della portata normativa di alcuni reati – in particolare gli artt. 316 ter e 640 bis c.p., richiamati nell’art. 24 d.lgs. n. 231/2001 – anche ai casi di sovvenzioni pubbliche a danno dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea, ricomprendendo così le risorse del PNRR (il rinvio è all’art. 28 bis co. 1, lett. d) del D.L. n. 4/2022, convertito in legge L. n. 25/2022).

L’attenzione rivolta a questo provvedimento origina sia dal contesto di materia in cui si inserisce – all’indomani della pronuncia della Corte di Cassazione nel caso Impregilo (Cass. pen., Sez. VI,n. 23401/2022) – sia dalle posizioni adottate dalla Procura Generale di Potenza nella formulazione delle linee guida applicative del decreto 231.

Un particolare riferimento è al tema dell’imputazione all’ente del reato commesso dal soggetto apicale al suo interno, ex art. 6 d.lgs. n. 231/2001 e nello specifico, della rilevanza, ai fini dell’imputazione del fatto all’ente, del rapporto di causalità che deve sussistere tra le carenze del modello organizzativo di un’impresa e la commissione del reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Di fronte ad un caso di responsabilità dell’ente per illecito commesso da soggetti apicali, la Suprema Corte nel caso Impregilo si è pronunciata dichiarando che: «[…] perché possa affermarsi una responsabilità colposa si ritiene insufficiente la realizzazione del risultato offensivo tipico in conseguenza della condotta inosservante di una data regola cautelare, ma occorre che il risultato offensivo corrisponda proprio a quel pericolo che la regola cautelare violata era diretta a fronteggiare. Occorre, cioè, una corrispondenza causale tra la violazione della regola cautelare e la produzione del risultato offensivo» (Cass. pen., Sez. VI,n. 23401/2022).

Alla luce di ciò, sarà necessario accertare non solo la violazione della regola cautelare e l’esistenza del nesso causale tra la suddetta violazione e il reato della persona fisica, ma, altresì, la pertinenza tra la inosservanza della regola cautelare e lo specifico rischio da cui si è concretizzato l’evento hic et nunc, con successiva verifica dell’eventuale efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito.

Nel caso di specie, l’inefficienza dell’organismo di vigilanza, del tutto privo di autonomia, non ha avuto alcun valore causale nella commissione del reato di aggiotaggio da parte dei soggetti apicali e, pertanto, è condizione insufficiente al riconoscimento di una responsabilità della società. Al contrario, sarebbe stato necessario che quella determinata lacuna organizzativa del Modello avesse avuto un ruolo determinante nella commissione del reato della persona fisica.

Sul punto, il Protocollo organizzativo, invece, si esprime con«una scelta dissonante»dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione.

Secondo il documento, in relazione ai casi di un organismo di vigilanza esistente, ma non correttamente formato ovvero di un modello organizzativo privo dei requisiti di effettività, nessun ruolo fondamentale può essere riconosciuto, ai fini dell’accertamento della responsabilità d’impresa, alla sussistenza di un rapporto di causalità intercorrente tra il deficit organizzativo e lo specifico reato commesso dalla persona fisica.

Al contrario, per fondare la responsabilità da reato dell’impresa, ex art. 6 d.lgs. n. 231/2001, sarà sufficiente il mero accertamento dell’inesistenza o della inidoneità ovvero dell’inefficacia del Mogc e/o dell’Odv (art. 21 del Protocollo).

Infatti – motiva la Relazione – il decreto 231 prevede un’attività di vigilanza dell’organismo teleologicamente indirizzata a “prevenire” la commissione di reati all’interno della società, e non, come diversamente sostenuto dalla Cassazione, a “evitare” la commissione di questi.

Inoltre, la verifica di un rapporto di causalità tra l’inidoneità dell’Odv e la commissione del reato comporterebbe il riconoscimento di una posizione di garanziaex art. 40 cpv. c.p., in capo ai membri dell’Odv, condizione questa ritenuta inaccettabile sia dalla giurisprudenza di legittimità (Suprema Corte sent. n. 18168/2016) sia dalla Procura Generale di Potenza.

Dunque – conclude la Relazione – «la qualificazione della sua viziata costituzione e/o mancata operatività» è da ritenersi «presupposto sufficiente per l’innesco della responsabilità amministrativa» essendo tale interpretazione perfettamente in linea con la lettera e la ratio della norma.

Adamo Brunetti

Scarica qui il Protocollo

Scarica qui la Relazione Illustrativa

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