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Cassazione: il tema della rappresentanza legale dell’ente imputato in un procedimento 231

Cassazione: il tema della rappresentanza legale dell'ente imputato in un procedimento 231
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Cassazione: il tema della rappresentanza legale dell’ente imputato in un procedimento 231

Cassazione Penale, Sez. V, 14 luglio 2022, n. 28963

  1. Introduzione

Con la pronuncia n. 28963 del 14 luglio 2022, la Corte di Cassazione si è espressa nuovamente sull’art. 39 del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che sancisce l’incompatibilità per l’amministratore a rappresentare l’ente nel procedimento in cui lo stesso è imputato, nel caso in cui al primo, quale persona fisica, sia ascritto il reato da cui dipende l’illecito amministrativo contestato all’ente.

  1. Il caso

Nel caso in esame, l’amministratore unico della società indagata nel procedimento ex D.lgs. 231/2001, anch’egli dal canto suo indagato per gli stessi fatti, conferiva procura speciale di rappresentanza in giudizio al difensore dell’ente.

La Corte, pertanto, ha dichiarato i ricorsi proposti inammissibili per difetto di legittimazione attiva del procuratore ricorrente, in violazione di quanto richiesto dall’art. 39 del D.lgs. 231/2001.

  1. Il ragionamento della Cassazione

Ricorda la Corte che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito come la persona giuridica, in caso di impossibilità di costituirsi tramite il proprio rappresentante legale, ove questi sia indagato o imputato, deve provvedere alla relativa sostituzione del medesimo ovvero alla nomina di un procuratore speciale con poteri limitati alla sola partecipazione al procedimento (ex multis, Cass. Pen., Sez. VI, n. 41398 del 19/06/2009, Rv. 244406; Cass. Pen., Sez. II, n. 27542 del 20/06/2019).

L’incompatibilità derivante dalla disposizione di cui all’art. 39 D.Lgs. n. 231 del 2001, invero, si giustifica perché il rappresentante legale e la persona giuridica si trovano in una situazione di obiettiva e insanabile conflittualità processuale, posto che l’ente potrebbe aspirare a dimostrare che il suo amministratore abbia agito nel proprio esclusivo interesse o nell’interesse di terzi, ovvero che il reato sia stato realizzato mediante un’elusione fraudolenta del modello 231, in questo modo escludendo la propria responsabilità e facendola così ricadere sul solo legale rappresentante.

Peraltro, il divieto di rappresentanza, secondo la Cassazione, è assoluto e non ammette deroghe, in quanto è funzionale ad assicurare la piena garanzia del diritto di difesa al soggetto collettivo imputato in un procedimento penale; d’altronde, tale diritto risulterebbe del tutto compromesso se fosse ammessa la possibilità che l’ente partecipasse al procedimento rappresentato da un soggetto portatore di interessi confliggenti da un punto di vista sostanziale e processuale.

  1. Conclusioni

In definitiva, la Suprema Corte riprende quanto stabilito dalle Sezioni Unite (Cass. Pen. Sez. U., n. 33041 del 28/95/2015, Gabrielloni), che convalidano l’orientamento richiamato, dichiarando inammissibile per difetto di legittimazione (rilevabile d’ufficio ex art. 591 co. 1, lett a) c.p.p.) la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente, a causa della condizione di incompatibilità posta dall’art. 39 del D.lgs. 231/2001, poiché quest’ultimo risultava nominato dal rappresentante legale indagato nel medesimo procedimento.

Leggi qui la sentenza

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