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Culpa in eligendo e culpa in vigilando nella sentenza n. 23049/2024 della Cassazione Penale

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Culpa in eligendo e culpa in vigilando nella sentenza n. 23049/2024 della Cassazione Penale

Premessa

La sentenza n. 23049 del 10 giugno 2024, della IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, fornisce spunti di riflessione interessanti in tema di responsabilità penale del datore di lavoro, con particolare riferimento alla gestione del rischio chimico e alla corretta formazione e informazione dei lavoratori ai sensi del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro). La pronuncia, che annulla la sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Palermo, fornisce infatti l’occasione per approfondire alcune questioni chiave relative ai doveri di vigilanza ed agli obblighi formativi in capo al datore di lavoro oltreché al principio di causalità nell’ambito degli infortuni sul lavoro.

1. Il fatto

Il caso sottoposto al giudizio della Corte di Cassazione riguardava un infortunio sul lavoro nell’ambito del quale il dipendente di un’azienda agricola aveva subito gravi lesioni oculari a seguito del contatto con soda caustica durante le operazioni di pulizia di un macchinario.

Nello specifico il lavoratore, inquadrato come manovale agricolo, eseguiva – in forza di una prassi aziendale instauratasi con il consenso del prepostoattività di pulizia di alcune cisterne utilizzando soda caustica nonostante non avesse ricevuto adeguata formazione sui rischi connessi all’impiego di tale materiale che, nell’ambito della sua mansione, non avrebbe dovuto comunque utilizzare.

La prassi è stata quindi definita dai Giudici di legittimità “contra legem

Il Tribunale di Palermo, in primo grado, aveva condannato il datore di lavoro per lesioni colpose (art. 590, co. 3 c.p.), in quanto l’infortunio era stato causato dall’omessa formazione del lavoratore sui rischi specifici legati all’uso di sostanze chimiche e dalla mancata fornitura dei dispositivi di protezione individuale (DPI). La Corte d’Appello di Palermo, ribaltando tale decisione, aveva assolto il datore di lavoro, ritenendo che il rischio chimico fosse basso e che la condotta del lavoratore fosse stata tale da interrompere il nesso causale tra l’omissione datoriale e l’evento lesivo.

2. La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, dal suo canto, accogliendo il ricorso della parte civile, ha annullato la sentenza di assoluzione, evidenziando gravi lacune sia nella valutazione delle prove sia nella corretta applicazione dei principi giuridici in materia di sicurezza sul lavoro.

2.1 Il principio della culpa in vigilando e in eligendo

Uno dei punti nodali della sentenza n. 23049/2024 riguarda la responsabilità del datore di lavoro per culpa in eligendo e culpa in vigilando.

Nel caso in esame, infatti, come anticipato, il datore di lavoro aveva nominato un preposto alla sicurezza, figura cioè incaricata di sovrintendere all’applicazione delle misure di prevenzione e protezione nei confronti dei lavoratori.

La suprema Corte sull’argomento ha ricordato come il datore di lavoro abbia l’obbligo non solo di selezionare con attenzione i soggetti cui affidare compiti di responsabilità, ma anche di vigilare affinché tali soggetti esercitino le loro funzioni in conformità con le normative di sicurezza.

Nella fattispecie esaminata, il datore di lavoro avrebbe dovuto vigilare sul preposto alla sicurezza, che aveva permesso al lavoratore di svolgere mansioni pericolose senza la dovuta formazione.

La mancata vigilanza su prassi aziendali “contra legem” costituisce di per sé un profilo di colpa specifica in capo al datore di lavoro. La Corte ha, invero, affermato che “il datore di lavoro deve vigilare per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza che, ove si verifichi un incidente in conseguenza di una tale prassi instauratasi con il consenso del preposto, l’ignoranza del datore di lavoro non vale ad escluderne la colpa, integrando essa stessa la colpa per l’omessa vigilanza sul comportamento del preposto.”

2.2 Il nesso di causalità e la condotta del lavoratore

Un altro aspetto fondamentale trattato dalla Corte riguarda il nesso di causalità tra la violazione delle regole cautelari da parte del datore di lavoro e l’evento lesivo.

La Corte d’Appello aveva ritenuto che la condotta del lavoratore, qualificata come “eccentrica ed esorbitante“, avesse interrotto – data la sua imprevedibilità – la relazione causale comportamento datoriale-infortunio occorso.

Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che, secondo consolidata giurisprudenza, la condotta del lavoratore può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo se si concretizza in un comportamento “abnorme, ovvero quando attiva un rischio del tutto estraneo all’area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a governare.

Nel caso di specie, il lavoratore stava svolgendo una mansione rientrante nell’ambito delle sue competenze lavorative, e il rischio occorso non era eccentrico rispetto a quello normalmente prevedibile, per cui il nesso causale non poteva essere ritenuto interrotto. La Corte ha precisato sul punto che “la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia(Sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; Sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT c/ Musso Paolo, Rv. 275017),oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222)”.

2.3 Obblighi Formativi e Informativi

Altro passaggio della sentenza in commento che merita di essere evidenziato è quello in cui la Cassazione ribadisce l’importanza degli obblighi formativi e informativi previsti dal D.Lgs. 81/2008.

La Corte ha, in particolare, sottolineato che il datore di lavoro non può considerare assolti tali obblighi sulla base di una presunta esperienza pregressa del lavoratore o di prassi aziendali consolidate.

Egli, infatti, è tenuto a garantire che ogni lavoratore sia adeguatamente formato sui rischi specifici delle mansioni a cui è assegnato e che sia dotato dei necessari DPI, indipendentemente dal livello di esperienza del lavoratore stesso.

Da questo punto di vista, la pronuncia ha criticato l’approccio della Corte d’Appello, che aveva ritenuto sufficiente un generico adempimento degli obblighi di informazione e addestramento, senza considerare la specificità del rischio chimico connesso all’uso della soda caustica. Come ha osservato la Cassazione, “l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa.”

3. Conclusioni

La sentenza 23049 del 2024 rappresenta un’importante riaffermazione di alcuni punti fermi sul tema della responsabilità penale del datore di lavoro in materia di sicurezza.

La Corte di Cassazione ha, invero, ribadito con forza che il rispetto degli obblighi di formazione, informazione e vigilanza non può essere eluso o ridimensionato sulla base di prassi aziendali informali o di presunte competenze pregresse dei lavoratori.

Trattasi, peraltro, di un orientamento che che si inserisce in un quadro giurisprudenziale consolidato che mira a ribadire il ruolo centrale del datore di lavoro quale soggetto gravato da ineludibili obblighi di garanzia nei confronti dell’integrità fisica dei propri dipendenti.

Ed un simile principio pare essere confermato anche da quell’indirizzo che la Corte conferma nella sentenza in commento con riguardo al comportamento “anomalo” del lavoratore che interromperebbe il nesso causale tra violazione della norma cautelare gravante sul datore di lavoro e l’evento. In tal caso, come si legge nella pronuncia, “non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore“.

Avv. Adamo Brunetti

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