Omessa dichiarazione: la delega al professionista non esclude la responsabilità del delegante
30/05/2022 2022-05-30 7:36Omessa dichiarazione: la delega al professionista non esclude la responsabilità del delegante
Omessa dichiarazione: la delega al professionista non esclude la responsabilità del delegante
Con sentenza n. 4973 dell’11 febbraio 2022 la sezione Terza della Corte di Cassazione si è occupata della responsabilità del contribuente per omessa dichiarazione (art. 5 D. Lgs. 74/2000) in caso di delega di funzioni ad un professionista di fiducia.
In particolare, la questione al centro della decisione in commento è rappresentata dalla configurabilità, in capo al contribuente-delegante, del dolo di evasione richiesto dalla fattispecie incriminatrice di cui al cit. art. 5, qualora la consumazione del reato tributario avvenga ad opera del delegato.
1. IL CASO
La vicenda riguardava un caso di omessa dichiarazione con conseguente evasione di imposta per oltre € 100.000, al di sopra – dunque – della soglia di punibilità prevista dall’art. 5 D. Lgs. 74/2000, fissata infatti in € 50.000.
Il ricorrente in Cassazione, condannato in primo e secondo grado alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione e alla confisca della somma costituente profitto del reato, proponeva ricorso lamentando, tra gli altri, il vizio di violazione di legge quanto all’erronea valutazione circa la sussistenza del dolo (generico).
In particolare, secondo costui, nel caso di specie non sarebbe stato integrato l’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie incriminatrice, in virtù della circostanza per cui ai fini della presentazione della dichiarazione era stata conferita delega a un professionista specificatamente individuato.
2. LA DECISIONE DELLA CORTE
La Cassazione ha rigettato il ricorso, precisando che: “L’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità (art. 1, comma 4, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322). Il fatto che il contribuente possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione (art. 3, commi 3 e 3- bis, d.P.R. n. 322 del 1998, cit.) non vale a trasferire su queste ultime l’obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente il quale, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione, è comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione (art. 1, comma 6, d.P.R. n. 322 del 1998).”
Ed ha aggiunto che “L’adempimento formale […] fa carico al contribuente il quale deve essere a conoscenza delle relative scadenze” tenuto, peraltro, conto che il delittodi omessa dichiarazione si consuma solo dopo che siano trascorsi 90 giorni dalla scadenza del termine tributario per l’adempimento dell’obbligo (artt. 2, comma 7, D.P.R. n. 322 del 1998 e 5, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000).
Trattasi di un termine previsto a vantaggio, appunto, dell’obbligato il quale può avvalersene in caso di impossibilità di adempiere entro la scadenza prevista.
I giudici di legittimità hanno, quindi, evidenziato come quello dichiarativo si qualifichi quale obbligo di natura personale con la conseguenza che la facoltà, riconosciuta in capo all’obbligato dall’art. 3, co. 3 e 3-bis, D.P.R. 322/1998, di avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione, non è di per sé circostanza idonea a trasferire in capo a tali soggetti la relativa responsabilità in caso di suo inadempimento.
In altri termini, l’aver affidato da parte del contribuente ad un professionista mandato per la predisposizione e la trasmissione della dichiarazione dei propri redditi non può valere a giustificare la violazione da parte sua dell’obbligo dichiarativo stesso, né ad escludere la sua consapevolezza circa il decorso del termine ultimo per eseguire l’adempimento.
Trattasi, invero, di reato omissivo proprio, inerente la violazione di un obbligo che la norma tributaria considera, oltre che – come visto – personale, anche non-delegabile.
L’unica possibilità per evitare la responsabilità in ordine alla fattispecie di cui all’art. 5 D. Lgs. 74/2000 è la forza maggiore che può sì – a parere della Cassazione – giustificare l’omissione, ma la cui valutazione caso per caro impone di tener conto del fatto che il contribuente dispone del termine di 90 giornisuccessivo alla scadenza per eseguire l’adempimento cui è soggetto.
Insomma, la partita sulla sussistenza in concreto del delitto di omessa dichiarazione in caso di delega concessa al commercialista si gioca sul terreno della prova del dolo del delegante.
Ed infatti, all’esito della propria ricostruzione la Corte evidenzia come il dolo di evasione non si evince, sul piano probatorio, dalla mera violazione dell’obbligo dichiarativo né da una generica “culpa in vigilando” sull’operato del professionista, poiché in tal modo il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso verrebbe trasformato da doloso in colposo.
Al contrario, esso può ricavarsi solo “dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015 – dep. 18/09/2015, Rv. 265087 – 01)”.
Ne deriva che il contribuente inadempiente andrà esente da responsabilità penale solo laddove la condotta omissiva ascrittagli si risolva in una mera inosservanza del dovere tributario derivante da una inerzia negligente, da semplice imperizia o da culpa in vigilando.
Viceversa, risponderà direttamente ed indipendentemente dalla delega al professionista, lì dove l’indagine sulla sussistenza dell’elemento soggettivo abbia messo in luce elementi concreti che dimostrino la consapevolezza da parte sua dell’omessa dichiarazione finalizzata all’evasione.
Applicando un simile principio i giudici di legittimità hanno, nella pronuncia in commento, concluso che nel caso di specie un simile accertamento era stato correttamente effettuato dalla Corte territoriale, in quanto, sulla base di evidenze riscontrate, era stato escluso che il ricorrente fosse stato vittima di un errore professionale da partedel proprio commercialista.
Avv. Adamo Brunetti