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Pronuncia di ANAC sul c.d. pantouflage: il caso di un dipendente di una società a controllo pubblico

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anticorruzione / Aziende

Pronuncia di ANAC sul c.d. pantouflage: il caso di un dipendente di una società a controllo pubblico

Di recente, ANAC si è pronunciata su richiesta di parere legale n merito all’applicabilità dell’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. 165/2001, la normativa sul c.d. pantouflage.

La richiesta di chiarimenti riguardava la possibilità di assumere alle proprie dipendenze un soggetto in forza, con il ruolo di quadro, ad una società a controllo pubblico operante, in una provincia toscana, prevalentemente nel settore della distribuzione e misura del gas, proprietaria di reti di distribuzione locale e con funzioni di stazione appaltante nei confronti della stessa ditta privata che si è rivolta all’Autorità per avere il suo parere.

Secondo quanto rilevato dall’Anac nel corso dell’istruttoria, le funzioni svolte dal dipendente in questione, pur assunto come quadro nella società controllata, sono apparse ragionevolmente riconducibili a mansioni dirigenziali che comportano esercizio di competenze di amministrazione e gestione.

1. La normativa in esame

L’art. 53, comma 16 ter d.lgs. n. 165/2001 prevede che “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri”. La disposizione è stata introdotta nel d.lgs. 165/2001 dall’art. 1, comma 42, della l. 190/2012, con finalità di contenimento del rischio di situazioni di corruzione connesse all’assunzione del dipendente pubblico da parte di un privato, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con la PA.

L’art. 21, del decreto legislativo 8 aprile 2016, n. 39 ha esteso poi il divieto di pantouflage anche ai dipendenti di “enti pubblici” e di “enti di diritto privato in controllo pubblico” che siano titolari di incarichi contemplati nel citato decreto, “ivi compresi” recita la disposizione “i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro subordinato o autonomo”. 

La disposizione contempla, in caso di violazione del divieto ivi sancito, le specifiche sanzioni della nullità del contratto e del divieto per i soggetti privati che l’hanno concluso o conferito, di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con contestuale obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti ed accertati ad essi riferiti.

L’ambito soggettivo di applicabilità della norma è dunque riferito a quei dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio presso la pubblica amministrazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione stessa.

A tali soggetti è preclusa, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, (c.d. periodo di raffreddamento), la possibilità di svolgere attività lavorativa o professionale in favore dei soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso l’esercizio dei suddetti poteri autoritativi e negoziali.

2. L’istruttoria e l’analisi della disciplina a cura dell’Autorità

Al fine di verificare se ricorrano i presupposti di applicabilità della disciplina in esame, l’Autorità ha precisato come occorra verificare che:

  1. l’amministrazione e l’incarico di provenienza rientri nel perimetro soggettivo di applicazione della richiamata disposizione;
  2. il soggetto abbia svolto, nel triennio precedente all’assunzione, attività autoritativa o negoziale in rappresentanza dell’ente pubblico di provenienza a favore del soggetto privato presso il quale intende assumere servizio;
  3. la natura giuridica dell’incarico che si intende assumere presso il privato sia una “attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri”.

In merito al punto a), ANAC ha appurato come non vi sia dubbio che: “la società in questione rientri tra gli “enti di diritto privato in controllo pubblico” cui si riferisce l’art. 21 del d.lgs.39/2016”.

A proposito del punto b), si ricorda che l’ambito di applicazione del c.d. divieto di pantouflage è stato esteso anche agli enti di diritto privato in controllo pubblico proprio per effetto dell’art. 21 del d.lgs. n. 39/2013 il quale stabilisce che – ai soli fini dell’applicazione del predetto divieto – sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi del d.lgs. n. 39/2013.

Il combinato disposto degli artt. 1, co. 2 e 21 del d.lgs. n. 39/2013 consente, quindi, di ritenere che, con specifico riferimento agli enti di diritto privato in controllo pubblico, sono sottoposti al divieto di pantouflage i seguenti soggetti (cfr. Linee guida n. 1 in tema di c.d. divieto di pantouflage, adottate dall’Autorità con Delibera n. 493 del 25.09.2024, e commentate da questo blog al seguente link Pantouflage, emanate da Anac le Linee Guida. Potere regolatorio e sanzionatorio dell’Autorità – www.anticorruzione.it): 

  • i titolari degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013 richiamati dall’art. 21 dello stesso decreto ovvero: gli incarichi amministrativi di vertice, di livello apicale, conferiti a soggetti interni o esterni all’ente che conferisce l’incarico, che non comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione; 
  • gli incarichi di amministratore, quali gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato; 
  • gli incarichi dirigenziali interni ed esterni;
  • i soggetti esterni con rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o autonomo.

È evidente, quindi, che negli enti pubblici economici e negli enti di diritto privato in controllo, come nel caso in esame, gli atti esercizio di poteri autoritativi e negoziali rilevano solo se posti in essere dai soggetti sopra menzionati.

ANAC ritiene che il soggetto interessato, sebbene assunto come “quadro” presso la società, sia riconducibile agli incarichi dirigenziali che vengono definiti dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 39/2013 che comportano l’esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione.

Ciò è desumibile dall’art. 18 CCNL settore gas-acqua, applicabile al caso in esame.

Infine, per l’analisi del punto c), l’Autorità ha chiarito che affinché venga in rilievo il c.d. divieto di pantouflage il potere autoritativo e negoziale deve essere esercitato, per conto dell’amministrazione nei tre anni precedenti alla cessazione dal servizio, in modo “concreto ed effettivo” cioè, in maniera non astratta e formalistica ma sostanziale e tale da incidere su una determinata situazione giuridica.

Nelle citate Linee Guida, ANAC ha individuato le seguenti indicazioni esemplificative:

  • sono riconducibili tra gli atti espressione di tali poteri nello svolgimento della funzione pubblica quelli adottati dal Responsabile unico del progetto-RUP (art. 15 d.lgs. 36/2023), nelle diverse fasi del procedimento di gara, dalla predisposizione alla pubblicazione del bando di gara, dall’aggiudicazione dell’appalto alla fase di gestione del contratto;
  • è stato escluso costituisca espressione di poteri autoritativi e negoziali di cui all’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. n. 165/2001 l’adozione di atti di carattere generale ovvero di quei provvedimenti – funzionali alla cura concreta di interessi pubblici – destinati ad una pluralità di soggetti non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili a posteriori;
  • gli atti endoprocedimentali obbligatori (ad esempio: pareri, perizie, certificazioni) – la cui adozione è tale da incidere in maniera significativa sul contenuto della decisione oggetto del provvedimento finale, ancorché redatto e sottoscritto da altri – sono stati ritenuti espressione di poteri autoritativi e negoziali.

Nel caso di specie, ANAC ha constatato come l’attività svolta dal dipendente di predisposizione di capitolati speciali nonché quella sopra menzionata legata ai prezzi e all’offerta come anche l’incarico di responsabile della commessa relativa al contratto manutenzione assegnato alla società. È quindi evidente che le attività di indirizzo coordinamento e gestione amministrativa insite nel predetto ruolo – svolte in nome e per conto della stazione appaltante durante lo svolgimento del rapporto contrattuale – implicano certamente l’esercizio di poteri autoritativi/negoziali.

3. Conclusione

L’Autorità, sulla base delle informazioni trasmesse dall’ente e tenuto conto delle considerazioni che precedono, conclude che nel caso in esame risulta applicabile il divieto di pantouflage di cui all’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. 165/2001, per le motivazioni sopra esposte.

Avv. Adamo Brunetti

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